Nell’ambito della divisione dell’immobile in comproprietà tra i coniugi divorziati, ai fini della determinazione del valore del medesimo (e, quindi, del relativo conguaglio in denaro), non deve esser tenuto conto – per diminuirne la stima – del fatto che il bene è assegnato in godimento al coniuge, qualora l’immobile venga poi attribuito proprio al coniuge titolare del diritto di godimento.

Il Tema in Discussione
Si discute se l’assegnazione del godimento della casa familiare debba essere o meno considerata in occasione della divisione dell’immobile in comproprietà tra i coniugi (al fine di determinare il valore di mercato del bene), qualora l’immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento stesso.

Come vedremo la Cassazione ha statuito in senso contrario, rilevando che tale diritto di godimento è attribuito nell’esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario. Diversamente si realizzerebbe una indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale.

Il Caso Pratico
La Corte d’Appello di Torino aveva respinto il gravame proposto contro la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Torino il 30 maggio 2008, affermando che nel giudizio di scioglimento della comunione legale tra coniugi, ai fini della determinazione del valore di mercato dell’immobile costituente casa familiare, si deve tener sempre conto del vincolo derivante dall’assegnazione del bene ad uno dei genitori nell’interesse dei figli, ancorché l’appartamento sia attribuito per intero in sede di divisione al medesimo coniuge assegnatario.

Con la conseguenza che, secondo la Corte, l’immobile doveva essere stimato non nell’importo di Euro 270.000,00, ma nel minor valore di Euro 159.000,00, in ragione appunto dell’incidenza del vincolo dell’assegnazione, con conseguente determinazione del conguaglio dovuto in Euro 79.500,00.

La Sentenza della Corte di Cassazione numero 33069 del 20 Dicembre 2018
Proponendo il gravame presso la Suprema Corte il ricorrente deduceva la violazione di legge per la riduzione di valore applicata dalla Corte d’Appello in ragione del diritto di assegnazione della casa familiare.

La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino

Si legge nella motivazione della sentenza de qua : “L’assegnazione del godimento della casa familiare, ex art. 155 quater c.c., ovvero in forza della legge sul divorzio, non può essere considerata in occasione della divisione dell’immobile in comproprietà tra i coniugi al fine di determinare il valore di mercato del bene qualora (come avvenuto nella specie) l’immobile venga attribuito al coniuge titolare del diritto al godimento stesso, atteso che tale diritto è attribuito nell’esclusivo interesse dei figli e non del coniuge affidatario e, diversamente, si realizzerebbe una indebita locupletazione a suo favore, potendo egli, dopo la divisione, alienare il bene a terzi senza alcun vincolo e per il prezzo integrale (così Cass. Sez. 2, 09/09/2016, n. 17843, pronuncia che in motivazione prendeva anche atto del contrasto di precedenti giurisprudenziali esistenti sul punto, fra cui, più di recente, Cass. Sez. 2, 22/04/2016, n. 8202, spiegando analiticamente le ragioni che supportano l’interpretazione prescelta)”.

Ed ancora : “Nello stimare i beni per la formazione delle quote ai fini della divisione, non può non considerarsi, invero, che, in ipotesi di assegnazione in proprietà esclusiva della casa familiare, di cui i coniugi erano comproprietari, al coniuge affidatario dei figli, si riunisce nella stessa persona il diritto di abitare nella casa familiare – che perciò si estingue automaticamente – e il diritto dominicale sull’intero immobile, che rimane privo di vincoli. In sede di valutazione economica del bene “casa familiare” nel giudizio di scioglimento della comunione, il diritto di abitazione conseguente al provvedimento di assegnazione non deve, pertanto, influire in alcun modo sulla determinazione del conguaglio dovuto all’altro coniuge (in tal senso già Cass. Sez. 1, 17/09/2001, n. 11630)”.

 

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