Nei giudizi in materia di risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, secondo l’orientamento ormai costante della maggioranza dei giudici, il paziente/danneggiato deve dimostrare che vi sia un nesso di causa / effetto (c.d. nesso di causalità) tra la condotta del medico (deve dimostrare cioè che sia la causa) e il danno del quale chiede il risarcimento (deve dimostrare cioè che sia l’effetto).

Da ciò deriva che se durante il processo non risulta provato tale nesso, la domanda del paziente debba essere rigettata.

La fattispecie
Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dalle figlie di una donna deceduta mentre era ricoverata presso un ospedale nei confronti della Azienda Unità Sanitaria Locale, avente ad oggetto i danni, patrimoniali e non, che gli eredi sostenevano di aver subito a causa della prematura scomparsa della madre per errore medico.

I giudici di primo e secondo grado, rigettavano la richiesta delle figlie, le quali quindi, decidevano di ricorrere in Cassazione, dal momento che secondo le stesse i giudici dei due gradi precedenti avevano erroneamente addebitato un onere della prova eccessivo sulla vittima di errore medico.

Il principio di diritto
Rigettando il ricorso, la Corte di Cassazione con sentenza 19204 del 2018, ha ribadito che nei giudizi in materia di risarcimento del danno da responsabilità medica, secondo l’orientamento dei giudici che risulta essere maggioritario e costante, l’onere probatorio è così suddiviso: al paziente che agisce per chiedere i danni spetta dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno del quale chiede il risarcimento. Ne consegue che se al termine dell’istruttoria non risulti provato il nesso tra condotta ed evento, per essere la causa del danno lamentato dal paziente rimasta incerta, la domanda deve essere rigettata.

Del pari, secondo gli Ermellini, la prova dell’avvenuto adempimento o della correttezza della condotta è posta a carico del medico.

Conclusioni
Con questa pronuncia, quindi, i giudici della Corte di Cassazione confermano il costante orientamento giurisprudenziale in tema di onere probatorio.

 

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