Il c.d. danno da perdita del rapporto parentale è una voce del danno non patrimoniale e consiste nello sconvolgimento della vita, corrispondente a fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché sofferenze interiori per l’aver perso un prossimo congiunto a causa di un illecito.

La fattispecie
I parenti stretti di un soggetto che, a seguito di un sinistro stradale aveva riportato un danno per gravi lesioni, proponevano azione risarcitoria al fine di ottenere il ristoro del danno da perdita del rapporto parentale. I giudici di primo e di secondo grado rigettavano la domanda, sostenendo che il danno richiesto dai parenti presupponeva la perdita del familiare, occorreva cioè che il congiunto/vittima del sinistro fosse deceduto e non essendosi verificata questa ipotesi nel caso di specie, il danno non poteva essere risarcito.

I parenti della vittima allora ricorrevano in Cassazione, sostenendo che i giudici di primo e secondo grado avevano erroneamente escluso il danno da perdita del rapporto parentale per gravi lesioni fisiche riportate ed accertate sul familiare.

Il principio di diritto
La Cassazione ha accolto il ricorso, riconoscendo, con sentenza n. 23469 del 2018, anzitutto, come il profilo dinamico-relazionale non sia un qualcosa in più rispetto al danno da perdita del rapporto parentale, ma anzi, questo aspetto, per i giudici, rappresenta una «componente intrinseca del danno da perdita del rapporto parentale già sul piano delle qualificazioni giuridiche»: ciò comporta la necessità di considerare il profilo dinamico-relazionale unitamente alla sofferenza interiore patita dal soggetto, quali articolazioni costitutive del danno da perdita del rapporto parentale.

Ancora, i giudici della Suprema Corte sostengono come «il pregiudizio da perdita del rapporto parentale rappresenta un peculiare aspetto del danno non patrimoniale» e consiste non nella mera perdita delle abitudini e riti propri della quotidianità, ma nello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché nella sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto.

Conclusioni
Attraverso questa pronuncia quindi, i giudici della Cassazione enunciano un importantissimo principio: il danno derivante da perdita del rapporto parentale potrà essere chiesto dai prossimi congiunti della vittima, non solo quando questa è venuta a mancare a seguito dell’illecito, ma anche quando lo stretto congiunto ha subito danni così significativi da sconvolgere le abitudini di vita e familiari, tipiche del rapporto parentale.

La Corte ha anche specificato come la liquidazione unitaria del danno non patrimoniale, dunque, deve tenere conto del pregiudizio complessivamente subito sotto l’aspetto della sofferenza interiore come dell’alterazione/modificazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto.

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