La pronuncia in commento (Cass. civ., Sez. III, 4.12.2018, n. 31235) è degna di nota in quanto chiarisce i criteri di liquidazione del danno futuro e permanente subito dal neonato in caso di colpa medica.

La fattispecie

Nel caso di specie un neonato, perfettamente sano per tutta la durata della gestazione, rimaneva vittima di una severa ipossia celebrale, causata dal ritardo con cui i sanitari predisponevano il parto cesareo. Per tale ipossia, il neonato riportava gravissimi postumi permanenti, consistiti in una tetraparesi.

I genitori del piccolo decidono quindi di agire contro i sanitari che ebbero a prenderlo in cura, richiedendo, tra le molte voci di danno, anche quello patrimoniale subito dal neonato.

Sotto il profilo patrimoniale, infatti, i genitori chiedevano il risarcimento di quelle somme che la vittima avrebbe percepito a titolo di stipendio se fosse stato perfettamente sano ed in grado di lavorare.

Un primo profilo vedeva coinvolte anche le Sezioni Unite e riguardava la sovrastima del danno patrimoniale patito dalla vittima, consistito nelle spese di assistenza, senza detrazione né del valore capitalizzato dell’indennità di accompagnamento erogata dall’INPS al minore, né del valore economico delle prestazioni pubbliche di assistenza domiciliare.

Sia in primo che in secondo grado, i giudici accordavano tale voce di danno, ma i genitori hanno comunque deciso di ricorrere in Cassazione per contestare le modalità di calcolo di tale ingente liquidazione.

Il principio di diritto

Nella sentenza in esame, i giudici della Cassazione ricordano come le Sezione Unite – su tale tema – hanno stabilito: “dall’ammontare del danno subito da un neonato in fattispecie di colpa medica, e consistente nelle spese da sostenere vita natural durante per l’assistenza personale, deve sottrarsi il valore capitalizzato della indennità di accompagnamento che la vittima abbia comunque ottenuto dall’ente pubblico, in conseguenza di quel fatto, essendo tale indennità rivolta a fronteggiare ed a compensare direttamente il medesimo pregiudizio patrimoniale causato dall’illecito, consistente nella necessità di dover retribuire un collaboratore o assistente per le esigenze della vita quotidiana del minore reso disabile per negligenza al parto”.

La Cassazione quindi, passa ad individuare i criteri da applicare per la corretta liquidazione dei danni patrimoniali: per i danni che si stanno già producendo al momento della liquidazione, ossia quelli per spese sanitarie e assistenza, possono essere determinati moltiplicando l’importo annuo del danno per il numero di anni per i quali il pregiudizio verosimilmente si produrrà (il risultato ottenuto dovrà essere ridotto attraverso lo sconto matematico o commerciale) oppure moltiplicando l’importo annuo del danno per un coefficiente di capitalizzazione anticipata (in tal caso non vi è bisogno né di sconto, né di riduzioni di sorta, perché qualsiasi coefficiente di capitalizzazione, restituendo il valore attuale di una rendita pagabile per n anni, ingloba in sé il calcolo dello sconto).

Diversa è l’ipotesi di danni patrimoniali futuri che non sono ancora venuti ad esistenza al momento della liquidazione. Questi possono essere liquidati col sistema della capitalizzazione, ossia moltiplicando l’importo annuo del reddito presumibilmente perduto dalla vittima, per un coefficiente di capitalizzazione.

Il danno da liquidare però si produrrà tra anni, quindi è necessario considerare lo scarto temporale tra il momento della liquidazione ed il successivo momento in cui il danno inizia a prodursi, e per farlo bisogna ridurre il risultato ottenuto dall’operazione di capitalizzazione, moltiplicandolo per un numero decimale inferiore ad uno, denominato “coefficiente di minorazione per capitalizzazione anticipata”, il quale restituisce il valore attuale di un Euro pagabile solo fra n anni.

Nel caso in oggetto il danno patrimoniale futuro da perdita di capacità di guadagno del minore consiste nella perduta capacità di procacciarsi un reddito da lavoro e, pertanto, sarebbe insorto nel patrimonio della vittima solo quando quest’ultima avesse raggiunto l’età lavorativa. Solo allora, infatti, si sarebbe realizzato il deficit tra reddito atteso e reddito ottenuto (quindi il coefficiente di minorazione per il danno patrimoniale futuro dei neonati deve tenere conto di uno scarto di non meno di 18 anni tra la data dell’illecito e quella dell’ingresso nel mondo del lavoro).

Conclusioni

La sentenza in commento, quindi, appare importantissima per la concreta quantificazione dei danni patrimoniali futuri subiti, non solo dai neonati, come nel caso di specie, ma anche da vittime adulte che, a causa di illeciti altrui, non potranno più procacciarsi un lavoro e quindi un reddito.

AVV. Francesco Cecconi

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