Se il medico non dimostra l’esattezza della sua prestazione medica, il paziente / vittima deve comunque dimostrare il nesso (c.d. nesso di causalità) tra la predetta prestazione sanitaria ed i danni su di lui riscontrati, sempre secondo il criterio del ‘più probabile che non’.

La fattispecie
Un soggetto riportava svariati danni sopraggiunti a seguito della sottoposizione a un intervento chirurgico eseguito in una Clinica cardiologica. Il paziente citava in giudizio la Clinica per ottenere il risarcimento dei danni subìti. La domanda attorea veniva respinta in primo grado ma in seguito accolta dalla Corte d’Appello. L’Istituto cardiologico propone ricorso in Cassazione lamentando sia l’omessa valutazione della consulenza tecnica d’ufficio (CTU) svolta in primo grado che la violazione alle norme attinenti l’onere probatorio nell’ambito della responsabilità medica.

Il principio di diritto
I Giudici di legittimità sottolineano primariamente che nei giudizi di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale o da fatto illecito, la condotta colposa del danneggiante ed il nesso causale tra questa ed il danno fondano l’oggetto di due accertamenti concettualmente distinti tale per cui la sussistenza dell’uno non fonda la sussistenza dell’altro. Secondariamente la Corte di Cassazione, con ordinanza n. 29853 del 2018, ribadisce che «nei giudizi di responsabilità medica, è onere dell’attore, paziente danneggiato, dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento» e una volta assolto detto onere probatorio attoreo, è «a carico della struttura la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che l’esito negativo sia stato determinato da un evento imprevisto e imprevedibile». Risulta per cui errato affermare la responsabilità della struttura sanitaria senza prima aver accertamento in concerto se l’attore, danneggiato, «abbia adempiuto l’onere di dimostrare che effettivamente sussisteva un nesso di causa tra la condotta colposa dei sanitari ed il predetto evento». Nel caso in esame, la Corte d’Appello riteneva responsabile la Clinica cardiologica sulla base di rilievi privi di fondamento, ovvero omettendo di accertare preventivamente l’ottemperamento dell’onere probatorio attoreo. Pertanto gli Ermellini cassano la decisione impugnata affinché, in sede di rinvio alla luce di principi enunciati, si possa valutare nuovamente la responsabilità della Clinica cardiologica in relazione ai danni sofferti dal paziente.

Conclusioni
Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione coglie l’occasione per ribadire un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in tema di onere probatorio che grava sul paziente / vittima che agisce in giudizio contro la struttura sanitaria (o contro un medico) per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

 

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