Il Tema in Discussione
Il Tribunale di Roma, come vedremo, ha affrontato il tema e, in contrasto con l’orientamento maggioritario dei magistrati di merito, ha concluso che il giudice ordinario è sempre competente a pronunciare il provvedimento cautelare di sospensione delle delibere societarie.

Si tratta di una competenza che non ammette deroghe e che dunque resta ferma anche quando lo statuto sociale preveda la devoluzione in arbitrato delle controversie tra soci e società relative alla validità delle delibere assembleari.

Il Caso Pratico
La controversia scaturisce dall’impugnazione della delibera di una Srl in cui l’assemblea aveva votato l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore unico e la sua contestuale revoca dalla carica gestoria. La Srl ha eccepito che la pronuncia del provvedimento cautelare spettasse solo all’arbitro.

La pronuncia del Tribunale di Roma (sezione specializzata in materia d’impresa) : ordinanza del 22 aprile 2018
Nel respingere l’eccezione di competenza esclusiva dell’arbitro il giudice ricorda che in base all’art. 35, comma 5 del Dlgs 5/2003 la devoluzione in arbitrato di una controversia societaria non blocca la tutela cautelare innanzi al giudice ordinario, individuato secondo la regola contenuta nell’art. 669-quinquies del Codice di procedura civile.

Per il caso che si faccia questione della validità di delibere assembleari, la norma suindicata dispone che “agli arbitri compete sempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia della delibera”.

Sul punto il Tribunale romano rileva che, secondo la giurisprudenza prevalente, l’interessato può ricorrere al giudice ordinario per ottenere il provvedimento cautelare fino a quando il collegio arbitrale (o l’ufficio dell’arbitro unico) non si sia costituito e quindi non possa esaminare l’istanza di sospensione della delibera. Dopo l’assunzione dell’incarico gli arbitri diventano titolari di un potere cautelare esclusivo.

Secondo il Tribunale di Roma si tratta di una conclusione non condivisibile.

Difatti, come vedremo, secondo il giudice romano il termine ‘sempre’, contenuto nell’art. 35 non è sinonimo di ‘esclusivo’, ma esprime piuttosto l’inderogabilità dell’attribuzione del potere stesso agli arbitri che, dunque, dispongono sempre della facoltà di sospendere l’efficacia della delibera quando ne sia richiesto l’annullamento.

La motivazione dell’ordinanza del Tribunale di Roma
Si legge nella pronuncia in esame:

Questo Tribunale non ignora che l’orientamento maggioritario, sia in giurisprudenza che in dottrina, afferma che è esclusiva, ai sensi dell’art. 35 comma 5 d.lg. 17 gennaio 2003 n. 5, la competenza degli arbitri a pronunciare provvedimenti cautelari di sospensione dell’efficacia della deliberazione impugnata (Trib. Milano, 4 ottobre 2005; Trib. Napoli, 8 marzo 2010, Trib. Milano, 17 marzo 2009; Trib. Lucca, 27 novembre 2008) con la conseguente inammissibilità della proposizione di un ricorso cautelare nelle more della procedura arbitrale.

Tuttavia, ritiene il Tribunale di non condividere una simile impostazione e di dovere ritenere esistente, in ogni caso, una potestà del giudice ordinario in ordine alla concessione del provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia della deliberazione assembleare.

L’orientamento qui criticato si basa sull’argomento letterale della norma.

Circa la precisazione che agli arbitri compete sempre il potere di disporre la sospensione, merita di essere osservato come “sempre” non sia un sinonimo di “esclusivo”, come, al contrario, giunge a concludere l’opposta ricostruzione.

In questa prospettiva, la locuzione “sempre” sembra esprimere, più che l’esclusività di tale potere, l’inderogabilità dell’attribuzione del potere stesso, di modo che – una volta che il patto compromissorio abbia previsto la devoluzione in arbitrato delle controversie aventi ad oggetto la validità delle deliberazioni assembleari – gli arbitri dispongono sempre del potere di sospendere la decisione impugnata, senza che possa verificarsi il caso di una impugnazione soggetta alla competenza arbitrale, quanto al merito, e nel contempo sottratta a tale competenza quanto all’appendice dell’impugnazione stessa costituita dalla sospensiva cautelare.

Una simile conclusione è, peraltro, sempre sotto il profilo letterale, confermata dalla rubrica dell’art. 35 che è così formulata: “disciplina inderogabile del procedimento arbitrale”. Il richiamo all’inderogabilità, contenuto nella rubrica dell’art. 35 e confermato nel quinto comma dall’avverbio “sempre”, esclude, in questa prospettiva, che le parti possano, in deroga alla previsione di cui al comma 5, scindere al momento della redazione della clausola compromissoria contenuta nello statuto merito e sospensiva dell’efficacia della delibera impugnata”.

Un’importante considerazione del Tribunale di Roma sul principio di effettività della tutela giurisdizionale
E così conclude l’ordinanza in commento:

Ciò posto, ritiene questo Tribunale che il principio di effettività della tutela giurisdizionale implichi necessariamente che gli organi statali assicurino – sempre ed in ogni caso – la disponibilità di una giustizia cautelare che, anche in caso di devoluzione della cognizione su una determinata controversia agli arbitri, renda immediatamente fruibili quelle esigenze di celerità ed effettività della tutela.

Depone a favore della conclusione qui rappresentata anche la circostanza che, secondo quanto disposto dall’art. 816 septies c.p.c. (applicabile anche all’arbitrato societario), gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili determinando la misura dell’anticipazione a carico di ciascuna parte. Ove nessuna delle parti proceda all’anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, queste non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento.

Ebbene, ad accedere all’orientamento criticato, si potrebbe verificare la circostanza che la parte che invoca la tutela di un proprio diritto – dopo avere intrapreso il giudizio arbitrale e dopo avere svolto nell’ambito di esso l’istanza cautelare – si veda preclusa la tutela (tanto cautelare che ordinaria di merito) in ragione della impossibilità di procedere al pagamento dell’anticipazione (la cui determinazione, si ricorda, è rimessa agli stessi arbitri) con la conseguenza che essa dovrà “ritornare” davanti al giudice ordinario e qui chiedere nuovamente l’adozione di un provvedimento cautelare.

Ma una tale conclusione appare inaccettabile sotto il profilo della garanzia della effettività della tutela giurisdizionale. Al contrario, considerare la competenza cautelare sempre concorrente tra arbitri e giudice ordinario elimina (o almeno attenua) l’incongruenza ora evidenziata, poiché la parte – nel dubbio in ordine alla possibilità di provvedere all’anticipazione – ben potrebbe, da un lato, promuovere il giudizio arbitrale (perché imposto dalla clausola compromissoria da lui accettata e voluta) e, dall’altro, ricorrere al tribunale per chiedere un provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia della deliberazione, di modo che l’eventuale perenzione del giudizio arbitrale (ed il conseguente “ritorno” alla giustizia ordinaria anche nel merito) non avrebbe comunque conseguenze negative sulla sua posizione e sulla effettività della tutela.

In definitiva, ad avviso di questo Tribunale, deve affermarsi il principio secondo il quale la devoluzione in arbitrato delle controversie aventi ad oggetto l’impugnazione di deliberazioni societarie non osta alla competenza – concorrente – del giudice ordinario in ordine al provvedimento cautelare di sospensione delle deliberazioni medesime. D’altra parte, una simile conclusione risulta conforme anche alla scelta compiuta dagli altri ordinamenti che ammettono la cautela arbitrale nei quali è affermato il principio per cui, di regola, la tutela cautelare arbitrale non esclude quella giudiziale”.

 

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