Carissimi,

da parte dei primi commentatori è stato manifestato vivo disorientamento per il nuovo comma 4 dell’art. 110 Dgls. 50/16 ex D.L. 32/19 (e norme collegate: oggi artt. 104 e 186-bis ed in futuro artt. 95 e 211 CCII) relativo ai rapporti tra contratti pubblici e procedure concorsuali …non fosse altro perché, almeno rispetto al 110 ridisegnato dall’art. 372 CCII, il Governo forse neppure poteva intervenire sul codice degli appalti in assenza di una delega ad hoc nella L. 115/17 [* v. in calce i 3 ‘110’: il precedente, l’attuale previsto dall’art. 32 D.L. 32/19 ed infine il futuro di cui all’art. 372].

D’altra parte, la normativa de qua si appalesa di indubbia, direi quasi connaturale complessità, quanto di incontestabile valenza politico-economica visti i potenziali contrapposti interessi costituzionali in gioco: alla regolare e più efficiente&tempestiva esecuzione dei contratti pubblici, da una parte, al soddisfacimento massimo possibile della molteplicità dei creditori investiti dalla crisi/insolvenza del debitore quanto, pur se in subordine, alla salvaguardia dell’attività di impresa e relative maestranze, dall’altra parte.

Ed a tal ultimo riguardo va salutata con favore la chiarezza della scelta (pro diritto concorsuale) effettuata con l’incipit del novellato art. 110 cit. “Fatto salvo quanto previsto ai commi 3 e seguenti” (e confermata in qualche modo dal mancato inserimento nel nuovo art. 186 CCII dell’inciso finale presente, invece, nell’attuale art. 81: “Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche”).

Dunque, dall’entrata in vigore del nuovo art. 110 cit., rispettati i precetti di cui ai relativi commi 3 e seguenti (così come coordinati, ora con gli artt. 104 e 186-bis ed in futuro con gli artt. 95 e 211 CCII), la disciplina dei contratti pubblici dovrà, di regola, adeguarsi a quella concorsuale allorché si verifichi un evento (LG o CP) che (forse) sino ad oggi avrebbe permesso alla PA di (tentare di) liberarsi di un contraente potenzialmente ‘scomodo’ rispetto alla migliore e puntuale esecuzione del contratto pubblico.

D’altro canto il novello Legislatore ha previsto che in taluni casi la disciplina concorsuale risulti regressiva rispetto a quella dei contratti pubblici, come in materia di esercizio provvisorio visto che non sarà più possibile per il curatore, oltre che proseguire nei contratti in corso, partecipare a nuove gare …quantunque sommessamente mi sembri scelta poco in linea con quella tendenza tesa a favorire la continuità anche nella LG (pur se finalizzata sempre alla successiva cessione aziendale anche a mezzo di cf) che invece andava supportata viste anche le indubbie complessità che presenta il novellato cp, nonostante le nuove chance degli ADR ‘estesi’.

Fortunatamente è stata preservata la possibilità di prosecuzione contrattuale, oltre che in caso di cp “in continuità“, anche in ipotesi di cp liquidatorio (v. parte finale novellato art.186-bis, co. 3 ed in futuro art. 95, co. 2 CCII).

Quanto poi alla domanda: ma cosa accadrà da domani durante la fase di preconcordato visto che la nuova disposizione dell’art. 110 co. 4 D.Lgs. 50/16, così come emendato dal D.L. 32/19, non prevede più la norma sulla prosecuzione dei contratti pubblici in preconcordato previa autorizzazione del GD?

Così risponderei: in attesa dell’entrata in vigore del duo “95/372” CCII, accadrà quel che succedeva ante 2016, fase storica in cui, cioè, era abbastanza pacifico che la previsione di prosecuzione dei contratti (compresi espressamente quelli pubblici; v. incipit art. 186-bis co. 3) ne consentisse (appunto) anche quella dei contratti pubblici in attesa della fase ‘controllata&attestata’ post ammissione (v. sul punto l’illuminante provvedimento del Tr. Mantova 10.9.15 in www.ilcaso.it).

Quando poi al fatto che il D.L. 32/19 abbia previsto al nuovo comma 4 dell’art. 110 cit. un generico richiamo all’intero 186-bis, penso sia frutto di un refuso che in sede di conversione andrà rimediato inserendosi il limitato richiamo ai soli commi di riferimento in tema e cioè ai commi 3 e 4.

E che sia un refuso lo testimonia il fatto che sembra evidente che il redattore della norma D.L. 32/19 abbia immaginato che l’art. 95 CCII (correttamente presente nella sua interezza nel futuro 110 di cui all’art. 372 CCII) sia l’omologo dell’attuale 186-bis, mentre, in effetti,  lo è solo rispetto ai commi 3, 4 e 5 (e con le peculiarità proprie del 95 su cui non mi sembra ora il caso di soffermarsi).

Piuttosto vi è da chiedersi se con il CCII, venendo meno l’equivalenza concordataria tra stato di crisi ed insolvenza, i contratti pubblici potranno sempre cedersi ex art. 106 D.Lgs. 50/16 in sede concordataria derivante (e da accertarsi preliminarmente allo scopo?) da mera crisi atteso che tale articolo fa riferimento alla sola ipotesi di cessione conseguente ad “insolvenza” (oltre che “per causa di morte o a seguito di ristrutturazioni societarie, comprese rilevazioni, fusioni, scissioni, acquisizione o insolvenza”)?

Ma per ora…

Buona Giornata

Antonio Pezzano

[*]
Per comodità ecco i tre 110 D.Lgs. 50/16:

Post D.L. 32/19, con modifiche artt. 104 e 186-bis L.F.
Art. 2 – Disposizioni sulle procedure di affidamento in caso di crisi di impresa

Post CCII
Art. 372 CCII – Modifiche al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50

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