Difatti unico titolare dello jus proibendi, cioè del diritto di vietare l’ingresso, è il soggetto che è rimasto nel possesso della casa dopo aver manifestato all’altro la volontà di porre fine alla relazione more uxorio

Il Tema in Discussione
Si discute se integri o meno il reato di violazione di domicilio la condotta dell’ex convivente more uxorio che si introduce con la forza nell’abitazione della sua ex compagna contro la di lei chiara ed espressa volontà.

Come vedremo, la Suprema Corte ha risposto in modo positivo essendo quest’ultima, a seguito della cessazione della convivenza, l’unica avente diritto all’abitazione e l’unica titolare del diritto di esclusione dei terzi, anche nei confronti del suo ex convivente.

Il Caso Pratico
Il giudice d’appello confermava la decisione di primo grado che aveva ritenuto l’imputato colpevole del reato di violazione di domicilio aggravata per essersi introdotto, dopo averne divelto la porta d’ingresso, nell’abitazione della sua ex compagna, ivi trattenendosi contro la sua espressa volontà, colpendola con schiaffi e pugni al viso.

A quel punto l’imputato ricorreva in Cassazione.

Il giudice di secondo grado avrebbe inquadrato erroneamente la sua condotta come violazione di domicilio aggravata, visto che la ex compagna aveva “appena” interrotto la relazione sentimentale intercorsa tra i due.

Secondo il ricorrente, infatti, egli avrebbe avuto diritto a entrare e intrattenersi nella casa comune, per il potere di fatto che esercitava sulla casa, in virtù della convivenza more uxorio.

La Sentenza della Suprema Corte di Cassazione  (sez. V penale) n. 3998 del 28 gennaio 2019
La Cassazione rilevando, come segnalato dall’imputato, che la corte territoriale non aveva tenuto conto della dichiarazione e ammissione da parte della vittima della precedente convivenza more uxorio, ha evidenziato come il giudice d’appello sia andato poi oltre, chiarendo che : “la tesi non potrebbe comunque essere accolta, posto che la donna aveva già comunicato nel pomeriggio all’imputato (a seguito dell’ennesimo comportamento offensivo dello stesso) di non voler proseguire la relazione con lui, il che comportava necessariamente ed evidentemente il venir meno, a partire da quel momento, di qualsiasi diritto che fino ad allora egli (seguendo la tesi difensiva) aveva potuto vantare sulla base della convivenza con la persona che aveva la titolarità dell’abitazione”.

Precisa, quindi, la Suprema Corte che : “E’ del tutto evidente, in altre parole, che il diritto del (…) di entrare in quell’appartamento, proprio in quanto legato al prospettato rapporto di convivenza con la donna, doveva ritenersi cessato nel momento in cui quest’ultima aveva manifestato la volontà di porre fine alla convivenza“.

Nel caso di specie infatti la tesi dell’imputato, secondo la quale, in virtù del rapporto di convivenza egli aveva il potere di accedere all’abitazione della ex compagna, perde di significato.  Egli infatti dopo essersi allontanato dall’abitazione, senza chiavi, dopo che la donna aveva manifestato la volontà di porre fine alla loro relazione, perdeva la titolarità dello jus proibendi.

A quel punto l’unica titolare del diritto di proibire l’ingresso a qualcuno nella sua abitazione, compreso l’ex convivente, era da considerarsi solo la donna.

Del resto, conclude la Corte, già precedenti Cassazioni hanno riconosciuto “nella moglie legalmente separata e rimasta nella casa coniugale, l’unica titolare del diritto di escludere anche il marito dal domicilio (Cass. Sez. 2, n. 217 del 12/2/1962 – 30/03/1962)“.

Ne deriva il rigetto del ricorso.

 

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