Secondo la corte di cassazione bisogna considerare le esigenze di vita del minore e dell’altro genitore e non procedere a meri calcoli matematici del tempo che i genitori devono trascorrere con i figli minori.

Il Tema in Discussione
Si discute se il concetto di bigenitorialità sia da intendersi come bigenitorialità “perfetta” (che sembra tra l’altro ispirare la riforma attualmente in fieri), secondo il principio che i minori hanno “il diritto di trascorrere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale”, oppure se, come affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, il concetto di bigenitorialità “non comporta l’applicazione matematica in termini di parità di tempi di frequentazione del minore”.

Il caso pratico
La decisione della Suprema Corte qui in commento trae origine dal ricorso proposto da un padre che contestava la decisione della Corte di appello la quale, accertata l’esistenza di una grave conflittualità tra i genitori della minore, alimentata da una competitività esasperata, ne aveva disposto l’affido al servizio sociale competente per l’assunzione delle decisioni più importanti, riservando ai genitori l’assunzione delle decisioni afferenti la vita quotidiana, fermo il collocamento prevalente presso la madre.

Le doglianze del ricorrente non sono state ritenute fondate dalla Cassazione atteso che la Corte di merito aveva correttamente pronunciato “in ragione di una conflittualità accesa ed insanabile, fonte di una paralisi decisionale, ravvisabile anche in scelte importanti quali quelle relative alla salute ed al percorso scolastico della piccola, scelte che tuttavia richiedono una tempestiva, anche se ponderata, decisione e che sono intralciate dalla viva conflittualità dei genitori”.

Nel risolvere, con il rigetto del ricorso, la questione posta alla sua attenzione, la Suprema Corte ribadisce il proprio orientamento in tema di “bigenitorialità”.

L’ordinanza della Cassazione numero 31902 del 10 dicembre 2018
Nell’ordinanza de qua i giudici della prima sezione civile hanno precisato che il predetto principio di bigenitorialità deve essere inteso come “diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse“.

Ciò posto, occorre considerare le esigenze di vita del minore e dell’altro genitore e, quindi, il modo in cui la madre e il padre svolgevano i propri compiti prima della disgregazione della loro unione.

Per la Corte di Cassazione insomma – come del resto già affermato nella sentenza numero 18817/2015 – la bigenitorialità deve essere intesa come presenza comune di mamma e papà nella vita dei figli, tenendo però conto delle consuetudini di vita di entrambi i genitori, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità a mantenere un rapporto assiduo.

Si legge infatti nel provvedimento in commento: “… va ricordato che il principio di bigenitorialità si traduce nel diritto di ciascun genitore ad essere presente in maniera significativa nella vita del figlio nel reciproco interesse, ma ciò non comporta l’applicazione di una proporzione matematica in termini di parità dei tempi di frequentazione del minore in quanto l’esercizio del diritto deve essere armonizzato in concreto con le complessive esigenze di vita del figlio e dell’altro genitore”.

Ed infatti, si legge nella suindicata Cass. 18817/2015, fatta propria dalla ordinanza qui analizzata : “in tema di affidamento dei figli minori, il giudizio prognostico che il giudice, nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, deve operare circa la capacità dei genitori di crescere ed educare il figlio nella nuova situazione determinata dalla disgregazione dell’unione, va formulato tenendo conto, in base ad elementi concreti, del modo in cui i genitori hanno precedentemente svolto i propri compiti, delle rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché della personalità del genitore, delle sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare che è in grado di offrire al minore, fermo restando, in ogni caso, il rispetto del principio di bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, i quali hanno il dovere di cooperare nella sua assistenza, educazione ed istruzione”.

 

© 2016 Studio Legale PSP - PI: 06019040481
Viale Evangelista Torricelli 15 - 50125 Firenze (FI)
Telefoni: 055/229136 - 055/229347 - 055/229058 | Fax: 055/2280605
Admin

OWA