Il Tema in Discussione: cosa accade quando, a seguito del contratto concluso (solo) da un amministratore di Srl, consegue una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale della società contraente?
Nel caso di specie, come vedremo, il Tribunale di Milano – con una decisione di notevole rilievo ed interesse – ha ritenuto prospettarsi, in via sommaria – nell’ambito di un procedimento cautelare – la (verosimile) nullità di un contratto di affitto d’azienda per effetto del quale la società affittante l’azienda si era trasformata da società operativa in società che si limitava a riscuotere il canone d’affitto.

La recente ordinanza (5.11.17) del Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa
La dichiarazione di (verosimile) nullità è servita al Tribunale per disporre il sequestro dell’azienda oggetto del contratto di affitto ritenuto, appunto, invalido.

Il Tribunale si è limitato a dichiarare la “verosimiglianza” della nullità in quanto l’affermazione è scaturita, a seguito di valutazione necessariamente sommaria, nell’ambito di un procedimento cautelare per sequestro (e non di un procedimento di merito a cognizione piena relativo all’invalidità del contratto de quo).

La vicenda giuridica ha come presupposto l’articolo 2479, co. 2° n. 5 cod. civ., secondo cui compete (solo ai) ai soci della Srl decidere in ordine al compimento di operazioni che “comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale” delineato nello statuto della stessa.

Un caso “classico” è quello che si verifica quando una società operativa conferisce l’intera sua azienda in una società, mutando la sua natura in società holding: con il conferimento, infatti, cambia radicalmente l’oggetto sociale, perché la società conferente cessa l’attività operativa e inizia l’attività di finanziaria statica.

La stessa situazione si ha, ad avviso del Giudice meneghino, nel caso dell’affitto dell’azienda sociale che derivi da una (mera) decisione dell’organo amministrativo, senza il coinvolgimento dei soci.

Secondo il Tribunale di Milano, infatti, questo contratto è (verosimilmente) nullo per violazione della regola organizzativa dettata dall’art. 2479 co 2° n. 5 cod. civ. posto che, a seguito dell’affitto del ramo di azienda, la società affittante ha “trasformato la propria attività materiale da operativa in finanziaria, cessando dal gestire l’attività economica che ne costituiva di fatto, e dalla costituzione, l’oggetto sociale preponderante, divenendo sostanzialmente percettrice di un reddito di locazione”, quindi con “… violazione della regola che, per porsi fra quelle che tuttora strutturano tipicamente la disciplina della società a responsabilità limitata fissando uno dei residui limiti ‘rigidi’ alle competenze rispettive degli organi sociali (i soci riuniti in assemblea da un lato e i soggetti preposti all’amministrazione degli affari sociali dall’altro), va ritenuta imperativa e quindi inderogabile a prescindere dallo stato soggettivo dei contraenti, sicchè si è in presenza di un vizio dell’operazione contrattuale posta in essere … – per il combinato disposto degli artt. 1418 co. 1° e 2479 co. 2° n. 5 c.c. …”.

E quali sono i possibili effetti della nullità a carico del terzo contraente (anche se in buona fede)?
E il terzo contraente di buona fede (affittuario) subisce o meno il difetto decisionale verificatosi in seno all’altro contraente (affittante)?

Se la risposta è in termini di nullità – come quella data dal Tribunale di Milano nella pronuncia suindicata – si hanno conseguenze radicali: il contratto d’affitto, essendo nullo, va considerato come se non fosse mai stato stipulato e, quindi, il creditore del soggetto affittante potrebbe pignorare direttamente i beni aziendali (e chiederne il sequestro), senza doversi “accontentare” di pignorare il credito costituito dal canone d’affitto dovuto dall’affittuario dell’azienda.

 

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