Il Tema in Discussione: cos’è e quando si applica la c.d. clausola di co-vendita:
Per clausola di co-vendita s’intende quella in base alla quale, se il socio di maggioranza intende vendere le proprie azioni, deve pretendere dal potenziale acquirente che acquisti pure le azioni dei soci di minoranza nel caso vogliano venderle.

Finalità della clausola di co-vendita:
Si tratta, quindi di una clausola che tutela i soci di minoranza perché, da un lato, può non essere indifferente per essi trovarsi “in compagnia” di un diverso socio di maggioranza; e, d’altro lato, perché la vendita che sia programmata dal socio di maggioranza può essere, per il socio di minoranza, un’occasione irripetibile non solo per uscire dalla società, ma anche per lucrare un corrispettivo proporzionalmente maggiore di quello che percepirebbe con una trattativa di vendita condotta “da solo”: la vendita “congiunta” permette, infatti, al socio di minoranza di approfittare del plusvalore che, nella valutazione di una partecipazione, è insito nella cessione di una quota di controllo della società.

La recente ordinanza n. 3951 del 19.02.2018 della Corte di Cassazione:
Con l’ordinanza n. 3951 del 19 febbraio 2018, priva di precedenti, la Suprema Corte ha statuito che la clausola di co-vendita dello statuto di una Spa, in base alla quale, appunto, se il socio di maggioranza intende vendere le proprie azioni deve pretendere dal potenziale acquirente che acquisti pure le azioni dei soci di minoranza (nel caso vogliano venderle), non si applica se viene ceduta non la piena proprietà delle azioni, ma solo la nuda proprietà.

Il caso concreto affrontato dalla Cassazione:
Nel caso esaminato dalla Cassazione la clausola di co-vendita disponeva (come normalmente accade) la sua generica operatività in ipotesi di cessione delle azioni componenti il capitale sociale, senza disporre nulla sul tema del trasferimento della sola nuda proprietà. Poiché, invece, era passata di mano proprio la nuda proprietà del pacchetto di maggioranza (con riserva di usufrutto in capo al socio cedente) è sorta la questione se il diritto di co-vendita dei soci di minoranza si fosse attivato o meno. Questi ultimi hanno argomentato che il diritto di co-vendita dovrebbe essere garantito in tutti i casi in cui il controllo assembleare si renda possibile anche solo in futuro e, quindi, anche quando si abbia una situazione in cui il cessionario delle azioni non disponga della maggioranza attuale dei voti nell’assemblea ordinaria ma solamente di quella potenziale (perché proprietario di azioni gravate da usufrutto, diritto per sua natura temporaneo).

Conclusioni a cui è giunta la Suprema Corte:
Nel caso di alienazione del (solo) diritto di nuda proprietà di azioni di maggioranza non sorge il diritto di co-vendita in capo agli altri soci, poiché tale diritto è configurabile solo quando l’acquirente assuma il controllo della società per avere acquistato la maggioranza dei diritti di voto incorporati nelle azioni: in effetti, il diritto di voto per le azioni gravate da usufrutto compete unicamente all’usufruttuario che esercita un diritto suo proprio e perciò non è obbligato ad attenersi alle eventuali istruzioni di voto che gli impartisca il nudo proprietario.

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