Pubblicata il 27.09.2021 in Blog Diritto della Crisi (Discussione aperta: è possibile rispondere previa iscrizione al sito)

L’odierno, interessante, contributo del Prof. Fabio Santangeli ( Un’articolata riflessione sulle implementazioni possibili della riforma in itinere https://dirittodellacrisi.it/articolo/il-d-l-118-2021-spunti-per-la-conversione) stimola immediate considerazioni sul Decreto “Pagni” e sua conversione in corso.
Soprattutto con riguardo al nodo cruciale della relazione con gli intermediari del credito .
Difatti, mentre la proposta di recupero, anche nella composizione negoziata, del cram down tribunalizio nei confronti del creditore , ‘grande’ ma pubblico, “erario”, e’ assolutamente condivisibile ( anche su un piano di coerenza sistematica), immaginare una simile operazione anche rispetto al ceto creditorio ,privato, bancario , mi pare davvero utopico, pur se ‘d’impeto‘ parimenti condivisibile.
Troverei, invece, molto interessante che sia previsto all’art.5, comma 8 – o nell’emanando decreto dirigenziale – che l’esperto debba dare atto nella propria relazione finale quando la fallita composizione negoziata proposta dal debitore risultasse – eventualmente a seguito dei recepiti suggerimenti dell’esperto – comunque rispondente al miglior soddisfacimento delle banche, degli intermediari finanziari, dei loro mandatari e cessionari dei relativi crediti.
Se del caso aggiungendosi all’art.4, co.7 : “Tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto e rispettano l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative. Le medesime parti danno riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata.
L’esperto deve sempre precisare alle parti quando ritiene che la soluzione proposta risponda al miglior soddisfacimento dei creditori interessati dalla composizione negoziata .”
In tal caso , ancor prima quasi su un piano psicologico( oltre che rispetto ai probabili profili risarcitori, quantomeno diminutivi per l’imprenditore ex art.1227 c.c.) , vi e’ da fidare che gli intermediari finanziari ci riflettano alquanto prima di assumere decisione diverse da quelle espressamente perorate dall’esperto come le migliori percorribili nel caso concreto .
Ma il tutto deve avvenire in un contesto di, obiettivamente, seria negoziazione.
E non ci pare che tale possa ritenersi sin quando non saranno sterilizzati gli effetti dell’impossibilità, per anche oltre 6 mesi, di ottenersi una sentenza di fallimento ( art.6, co.4). Ad es. con una disposizione analoga a quella di cui all’art.10, co.3, L.40/20, secondo cui :”Quando alla dichiarazione di improcedibilità dei ricorsi presentati nel periodo di cui al comma 1 fa seguito, entro il 30 settembre 2020, la dichiarazione di fallimento, il periodo di cui al comma 1 non viene computato nei termini di cui agli articoli 10, 64, 65, 67, primo e secondo comma, 69-bis e 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.”
Come, sotto altro angolo visuale ( a maggior ragione una volta messa in sicurezza la situazione come sopra proposto), troverei forse opportuno che la predetta disposizione dell’art.6, co.4 ricomprenda espressamente nel periodo ‘franco fallimento’ anche i 60 giorni per l’eventuale presentazione del concordato semplificato di cui agli artt.18 e 19 del D.L. 118/2021.
Antonio Pezzano

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