La richiesta può essere accolta solo se vi è un interesse positivamente apprezzabile dell’ex-coniuge o dei figli (ex art. Art. 5, comma 3, legge n. 898/1970).

Il Tema in Discussione
Si discute se sia ammissibile o meno che, dopo il divorzio, la ex moglie conservi il cognome del marito.

Per la Cassazione non è di regola ammissibile conservare il cognome del marito dopo il divorzio, salvo che il giudice di merito, con provvedimento motivato nell’esercizio dei propri poteri discrezionali, non disponga diversamente.

Il Caso Pratico
Nel caso di specie vi era stato un ricorso promosso dalla ex moglie che, dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio, aveva richiesto in sede di appello di conservare l’uso del cognome maritale da aggiungere al proprio.

La domanda di conservazione dell’uso del cognome maritale era stata respinta dai giudici poiché la signora non aveva provato la sussistenza di un interesse positivamente apprezzabile della stessa o dei figli.

La signora ricorreva allora davanti alla Suprema Corte di Cassazione.

La Sentenza della Suprema Corte di Cassazione, prima sezione civile, n. 3869 dell’8 febbraio 2019
La Cassazione ha respinto la domanda.

Nella decisione in commento la Corte richiama l’art. 5, comma 3, della legge n. 898/1970 secondo il quale “il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela“.

Si legge nella sentenza de qua : “La valutazione della ricorrenza delle circostanze eccezionali che consentono l’autorizzazione all’utilizzo del cognome del marito è rimessa al giudice del merito giacché di regola non è ammissibile conservare il cognome del marito dopo la pronuncia di divorzio, salvo che il giudice di merito, con provvedimento motivato e nell’esercizio di poteri discrezionali, non disponga diversamente (in tema Cass. n. 21706 del 26.10.2015).

Nel caso di specie la Corte territoriale ha motivatamente respinto la richiesta e la doglianza risulta generica e non pertinente alle ragioni del diniego”.

 

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