La corte costituzionale con la pronuncia in commento (numero 236 del 7 novembre 2018) pone rimedio ad un’evidente “svista” del legislatore ed estende la competenza del giudice ordinario (e non più del giudice di pace) anche per il reato di lesioni lievissime commesso contro il figlio naturale. Con la conseguenza che sarà possibile al magistrato adottare una misura di allontanamento dalla casa familiare (interdetta al giudice di pace essendo una misura cautelare personale) anche in fattispecie che vedono parte lesa il figlio naturale.

Il Tema in Discussione
Veniva sollevata, dal Gip di Teramo, questione di legittimità costituzionale della normativa  in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza in genere (art. 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 – Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468, come modificato dall’art. 2, comma 4-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93) nella parte in cui per il delitto previsto dall’art. 582 del codice penale – limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte ‒ non prevede l’esclusione della competenza del Giudice di pace anche per i fatti aggravati ai sensi dell’art. 577, primo comma, numero 1), cod. pen., commessi contro il discendente non adottivo, quale il figlio naturale.

In particolare la disposizione censurata, non prevedendo l’esclusione della competenza per materia del Giudice di pace anche in relazione al reato di lesioni perseguibile a querela (commesso in danno del figlio naturale) e contemplandola, invece, per lo stesso reato in danno del figlio adottivo, confliggerebbe con l’art. 3 Cost. per violazione del principio di eguaglianza e per irragionevolezza intrinseca.

Come vedremo la Corte ha ritenuto fondata la questione sollevata ed ha dichiarato illegittima la norma de qua (che, appunto, attribuisce al Giudice di pace la competenza sul reato, tentato o consumato, di lesioni volontarie lievissime in danno del figlio naturale).

La Fattispecie a cui afferisce la decisione della Corte Costituzionale in commento
La Corte con la pronuncia in commento pone rimedio ad un’evidente “svista” del legislatore.

Nel 2013, il decreto legge n. 93, con l’intenzione di irrobustire la repressione della violenza domestica, mise in campo una serie di misure, compreso il trasferimento del reato di lesioni lievissime, considerato indice possibile di violenze più gravi e abituali, dalla competenza del Giudice di pace a quella del Tribunale, rendendo così possibile l’adozione di un provvedimento di allontanamento dalla casa familiare, interdetta al Giudice di pace essendo una misura cautelare personale.
Inspiegabilmente, però, dalla competenza del Giudice ordinario è rimasto escluso il reato di lesioni lievissime contro il figlio naturale.

Il che ha creato un regime differenziato rispetto al figlio adottivo, ritenuto ora dalla Corte irragionevole, oltre che lesivo del principio di uguaglianza, e quindi discriminatorio.

La Sentenza della Corte Costituzionale numero 236 del 7 novembre 2018
La Corte ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 3, primo comma, Cost., con conseguente assorbimento dell’ulteriore censura di violazione dell’art. 24 Cost.

Si legge nella sentenza in commento: “… Il d.l. n. 93 del 2013, all’art. 2, comma 1, lettera a), ha inserito nell’elenco del comma 6 dell’art. 282-bis cod. proc. pen. anche l’art. 582 cod. pen., limitatamente alle ipotesi procedibili d’ufficio o comunque aggravate, con l’intento di rendere applicabile la misura dell’allontanamento dalla casa familiare anche a questi ulteriori casi di lesioni volontarie. E, simmetricamente, ha modificato l’art. 384-bis cod. proc. pen. quanto all’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare, reso anch’esso possibile in caso di lesioni volontarie.

Tale finalità di un più incisivo contrasto della violenza domestica consistente in lesioni volontarie, in particolare con la prevista estensione della suddetta misura cautelare, risultava però non pienamente conseguita in quanto per le lesioni volontarie lievissime perseguibili a querela (di cui al secondo comma dell’art. 582) era ancora prevista la competenza del giudice di pace, al quale era – ed è – interdetta l’adozione di misure cautelari personali (art. 2, comma 1, lettera c, del d.lgs. n. 274 del 2000).

Sia il parere del Consiglio superiore della magistratura del 10 ottobre 2013 sul d.l. n. 93 del 2013, che le audizioni in Parlamento in occasione della legge di conversione (Atto Camera, Commissioni riunite I e II, seduta del 10 settembre 2013) avevano segnalato il problema: il giudice di pace, in caso di lesioni lievissime, non avrebbe potuto adottare la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare (art. 282-bis).

A ciò ha rimediato la legge di conversione n. 119 del 2013 modificando la regola di competenza (art. 4, comma 1, lettera a) sì da portare nella competenza del tribunale ordinario anche i reati di lesioni volontarie lievissime che prima erano esclusi. Chiara è la ratio della nuova normativa, come emerge dai lavori parlamentari, nel corso dei quali si è posto in rilievo che non di rado le condotte di lesioni, anche lievissime, costituiscono comportamenti cosiddetti “spia”, con cui, cioè, si manifestano fatti di prevaricazione e violenza che, spesso, sfociano in condotte ben più gravi e connotate da abitualità: comportamenti in danno di «prossimi congiunti» (come prevede l’art. 282-bis, comma 6, citato) e quindi – si sarebbe portati a credere – in danno, in particolare, sia del figlio naturale che del figlio adottivo.

Invece, il legislatore del 2013, nel modificare il catalogo dei reati attribuiti alla competenza del giudice onorario, è intervenuto sull’art. 4 del d.lgs. n. 274 del 2000, escludendo la competenza in relazione al reato di lesioni lievissime commesso «in danno dei soggetti elencati dall’art. 577, secondo comma» cod. pen., talché testualmente (e inspiegabilmente) è rimasto escluso il reato di lesioni commesso in danno dei soggetti di cui al numero 1) del primo comma dell’art. 577, tra cui appunto il figlio naturale”.

La Motivazione della pronuncia de qua
Ed ancora si legge nella sentenza : “ … fatta questa premessa ricostruttiva del quadro normativo di riferimento, nel merito la questione è fondata con riguardo all’art. 3, primo comma, Cost., sotto un duplice profilo.

Da una parte, è violato il principio di eguaglianza non essendo giustificato il diverso trattamento processuale riservato al reato di lesioni volontarie secondo che il fatto sia commesso rispettivamente in danno del figlio naturale o del figlio adottivo, stante lo stesso stato di figlio nell’uno e nell’altro caso e quindi il carattere discriminatorio della differenziazione.

D’altra parte, non si rinviene alcuna ragione, quale che sia, della mancata inclusione anche del reato di lesioni volontarie commesso in danno del figlio naturale tra quelli che, già di competenza del giudice di pace, sono stati trasferiti alla competenza del tribunale ordinario per innalzare il livello di contrasto a tali episodi di violenza domestica, con conseguente manifesta irragionevolezza della disciplina differenziata.

Quanto al principio di eguaglianza, deve considerarsi che sotto il profilo civilistico piena è l’assimilazione di stato tra figlio naturale e figlio adottivo e, quanto al profilo penalistico sostanziale, lo stesso trattamento sanzionatorio ricorre per i fatti in danno del figlio naturale e del figlio adottivo … Già l’art. 27 della citata legge n. 184 del 1983 ha previsto che per effetto dell’adozione l’adottato acquista lo stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome. Più recentemente, a seguito del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), la parificazione si è completata … In termini ancora più netti l’art. 315 cod. civ., novellato dall’art. 1, comma 7, della medesima legge n. 219 del 2012, ha ridefinito la condizione della filiazione prevedendo in generale che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico … .

D’altra parte, nella materia penale parimenti si riscontra un’analoga equiparazione tra figlio naturale e figlio adottivo. Innanzi tutto, già il reato di lesioni volontarie è, allo stesso modo e nella stessa misura, aggravato se il fatto è commesso sia in danno del figlio naturale sia in danno del figlio adottivo. Infatti, l’art. 585 cod. pen. stabilisce che la pena è aumentata fino a un terzo se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall’art. 577 cod. pen.; disposizione quest’ultima che prevede sia il fatto in danno del figlio naturale (al numero 1 del primo comma), sia il fatto in danno del figlio adottivo (secondo comma). Analoga equiparazione ricorre con riferimento ad altri reati. L’art. 602-ter cod. pen., quanto alle circostanze aggravanti dei reati di prostituzione minorile e di pornografia minorile, nonché dei reati di cui agli artt. 600, 601 e 602 cod. pen., prevede che opera nella stessa misura l’aggravante se il fatto è commesso da un ascendente o dal genitore adottivo. Parimenti, in materia di violenza sessuale costituisce circostanza aggravante il fatto commesso dal genitore «anche adottivo» (artt. 609-ter e 609-quater cod. pen.); e così anche nel caso di reato di corruzione di minorenne (art. 609-quinquies cod. pen.)”.

Ed alla luce dei presupposti suindicati così, infine, statuisce la Corte:

assume, quindi, carattere discriminatorio la diversa regola processuale di competenza, in esame, prevista per il figlio naturale rispetto a quella stabilita per il figlio adottivo talché è violato, in via generale, il principio di eguaglianza, avendo essi lo stesso stato giuridico, così come è indubitabile che sia per figli di genere diverso”, con la conseguenza che anche per i figli naturali la competenza deve spettare al Giudice monocratico, con tutte le conseguenze che questo cambiamento comporta sul piano del regime sostanziale (pene, riti alternativi ecc.).

 

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